Francesco Levrè, la sartoria italiana protagonista nel mondo

La sartoria italiana è “protagonista” nel mondo.

Da sempre la sartoria italiana ha avuto una rivale, nell’ago e nel filo: la sartoria inglese. Non esiste infatti differenza maggiore tra quello che separa un gentleman inglese da un signore italiano. Un divario che riguarda non solo le tecniche e l’abilità dei sarti, quanto piuttosto la confezione dei capi d’abbigliamento.
Da una parte troviamo il low profile britannico, che porta quasi alla negazione della personalità del singolo, mentre dall’altra c’è la voglia di protagonismo, accompagnata dal quell’innato desiderio di esprimere al massimo la propria unicità.
I due diversi atteggiamenti si riflettono nel modo di concepire il lavoro del sarto, influenzando la moda nel campo dell’abbigliamento maschile classico.

Gentleman inglese vs. uomo italiano.
Senza voler generalizzare, è possibile sostenere che, attraverso l’abito, il gentleman inglese desidera soprattutto affermare la propria appartenenza a un clan o a un determinato ceto sociale. Lo stile Saville Row, nello specifico, marca una netta distinzione fra ciò che è corretto in tema di moda, di stile di vita, spingendosi anche a determinare un pensiero politico.  In quanto membro di una classe, l’inglese non può permettersi di portare un abito improntato a uno stile troppo personale, ma deve piuttosto adattarsi alle regole tramandate, non solo di padre in figlio, ma anche derivanti dal college frequentato, piuttosto che dagli sport praticati.

L’uomo italiano, al contrario, vuole sempre far mostra di sé, della propria individualità e del proprio ego di cui è pienamente consapevole. L’abito che viene confezionato all’interno della sartoria italiana deve quindi mettere in evidenza l’unicità e la voglia di protagonismo, fosse questa semplicemente manifestata attraverso il rever di una giacca o dalla linea di un pantalone.
Dettagli che interessano poco a un gentleman inglese, poiché per lui è fondamentale essere vestito in modo appropriato a seconda del luogo e dell’occasione.

Abiti su misura. La sartoria italiana: una questione di eleganza.

Volendo dare una spiegazione di questo diverso modo di concepire il lavoro all’interno della sartoria, occorre ricordare come all’interno di quella italiana l’eleganza classica corrisponde a quelli che furono gli ideali del Rinascimento, un periodo decisamente fulgente per quanto riguardava il fiorire del bello e della creatività su commissione o, come direbbe un sarto, “su misura”.
Nell’abbigliamento e nello stile di vita italiano, infatti, prevalgono sempre concetti come eleganza e raffinatezza, ma soprattutto esclusività. Tutte caratteristiche che trovano la loro massima espressione nella leggerezza dei tessuti, nella raffinatezza dei colori e dei grafismi, nonché nell’esclusività della linea e della fattura di prim’ordine.
In questo modo l’abito sartoriale italiano confezionato ad hoc dalle mani esperte del sarto, diventa un abito da vetrina con cui il signore mostra al mondo il proprio status sociale, oscurando, forse, con il proprio stile, l’atteggiamento politically correct del gentleman britannico.

Ilaria Solazzo, giornalista pubblicista ed esperta in comunicazione, ha intervistato per noi e per voi, oggi, Francesco Levrè titolare, insieme a suo padre, della prestigiosa sartoria pugliese nota a livello internazionale.

Intervista

Francesco Levrè è il nome dell’imprenditore nel settore sartoriale dedito a diffondere la storia, la cultura e la  tradizione della classica sartoria artigianale pugliese fuori dai confini regionali.
Con lui abbiamo parlato dello stile, formale ed informale attuale, e della tradizione meridionale, ma soprattutto italiana, del buon vestire.

Ilaria – Perché le camicie sono essenziali nell’armadio di un uomo elegante?
Francesco – La camicia va indossata tutti i giorni. Diciamo che essa è un indumento fondamentale per l’uomo, proprio come lo è il pantalone. Oggi è chiaro che l’uomo moderno va anche vestito con la maglietta low cost e la T-shirt, ma quello che è sempre stato un must per l’uomo è il pantalone abbinato alla camicia. La sartoria Levrè, fondata da mio padre, è rinomata per aver congiunto il rigoroso modo di vestire britannico, stile Londra, al modo più informale di indossare la giacca, fino alle linee da cerimonia odierne.

Ilaria – Oltre alla foggia, ai ferri del mestiere e alle cuciture, ci sono, negli abbinamenti dei colori o nei tessuti, altri elementi che caratterizzano lo stile propriamente Levrè?
Francesco – Sì, sebbene il mondo sia fatto di tante culture differenti. Per esempio, se tu vieni nella nostra sede, avrai modo di constatare dal vivo un campionario per un cliente del Sud Italia diverso rispetto a quello destinato a chi vive in Canada. La scelta dei colori rimane circoscritta alla tipologia di cliente. Una volta venne qui da noi un cliente straniero, dicendomi: “A me piace il gessato, ma è troppo da gangster!”. Io posso dirvi che dipende da chi lo porta e come lo porta. È una questione di gusti: sono i dettagli che fanno la differenza. Noi usiamo spalline molto basse accompagnante da un buon rollino in crine e canapa, per esempio, mentre i popoli nordici sono più abituati a una giacca e a una camicia quasi di estrazione militare, quindi con spalline ben definite. Questa è un’armatura che loro hanno e con la quale si sentono più protetti. Probabilmente perché, rispetto a noi italiani, hanno meno personalità nel vestire. L’uomo in Italia si veste per sé stesso, per soddisfare il proprio ego, mentre nei paesi dell’ex Unione Sovietica si vestono per mostrare il proprio status symbol. Se è formale e di buona fattura allora fai parte di quel gruppo, se sei un po’ più “trasandato”, più disinvolto, sei americano.

Ilaria – Levrè è conosciuta per saper accontentare i clienti più esigenti con una lavorazione della camicia completamente fatta a mano.
Francesco – Noi abbiamo una buona produzione di camicie fatte a mano, per i clienti più esigenti, quelle SARTORIALI! Quando sottolineo a mano, intendo proprio con ago e cotone. Lo specifico perché so che c’è l’abuso del termine ‘fatto a mano’. Ma io e mio padre siamo pignoli e professionali, e per il cucito a mano. Studiamo un prodotto dal profumo vero dell’Italia buona. Il vero prodotto “made in Italy” è tagliato, cucito, stirato e spedito dall’Italia.

Ilaria – C’è interesse, a tuo avviso, tra i giovani a entrare in questo settore?
Francesco – È un lavoro che richiede sacrificio, perché quando stai oltre dieci  ore al giorno su un tavolo a sviluppare cartamodelli, oppure a tagliare con le forbici, dedichi tutto te stesso alla tua professione: ti rimane poco tempo per la vita mondana e per gli hobby. Ma non è la stessa cosa di essere in una catena di montaggio: ogni capo che facciamo io e papà è diverso da quello di prima, non si troveranno mai due capi  uguali. Succede anche che io dica al mio cliente: “Ho tagliato questi capi uguali, con le stesse forbici, ma uno risulta 2 mm più largo: è la reazione del tessuto, se ne abbiamo 2 differenti!”. Ci metto tanta passione, all’interno ci sono le mie competenze acquisite negli anni. È un prodotto completamente artigianale, anche se organizzato in maniera industriale, in chiave moderna.

Ilaria – Quali sono i punti fondamentali per un uomo, non solo nello scegliere e nell’acquistare giacca e pantaloni, ma proprio nel portarli quotidianamente?
Francesco – Il punto principale è che l’uomo in Italia si veste per sé stesso.

Ilaria – Perché scegliere un capo su misura invece che uno prodotto in serie?
Francesco – Perché è realizzato nei tessuti che si desiderano, in base all’occasione o alla stagione e non in quelli scelti da qualcun altro. È fatto apposta per te e non disegnato su un modello. Questa è l’idea che ha sempre accompagnato la nostra etica aziendale e personale.

Ilaria – Sei un fiero sostenitore del valore sociologico dell’abito?
Francesco – L’abito è un’armatura con la quale ci difendiamo, e con la quale dovremmo distinguerci dalla massa. Scegliere l’abito e l’accessorio giusto, in base alle occasioni d’uso, è di fondamentale importanza. Il luogo di lavoro, e l’ufficio è il classico dei casi, è un luogo dove bisogna essere formali ma non eccessivamente. Vestire un abito più raffinato di quello del proprio capo, si traduce in una chiara e netta competizione. L’eleganza non deve mai essere eccessiva, urlata, proprio per evitare di mettere a disagio chi ci circonda.

Ilaria – Come si riconosce la vera e alta qualità di un abito sartoriale?
Francesco – La qualità di un abito non si deve vedere da lontano ma si deve notare da vicino, e lo devono notare solo le persone giuste. Gli abiti realizzati su misura e con tessuti Made in Italy sono senza tempo. In questo senso è particolarmente importante la qualità del tessuto che, per di più, rende i vestiti, ma soprattutto le camicie, molto più semplici da stirare: per questo motivo i tramati italiani sono i migliori, perché sono facili da trattare, durevoli nel tempo e, indubbiamente, più belli. Gli abiti così confezionati possono durare decenni e decenni, senza presentare alcun difetto di forma. Al vestito, ovviamente, va coordinato un pezzo importantissimo per il guardaroba di un uomo: la camicia. Puoi avere un abito eccellente ma se hai una camicia di scarsa qualità, hai rovinato tutto. La camicia è l’architrave dell’abbigliamento di una persona. Farsela realizzare su misura è decisamente la scelta migliore, per il taglio e anche per il portafoglio.

Ilaria – Vuoi aggiungere altro?
Francesco – Nella maggior parte dei casi l’abito è una corazza, che serve per passare inosservati, per omologarsi, per non correre rischi. Serve ad allinearsi per appartenere a qualcosa, ma è anche vero che bisogna sapersi distinguere con discrezione. È importante vestirsi bene valutando, di volta in volta, l’occasione d’uso.

Ilaria – Cosa vuoi dire ai nostri lettori?
Francesco – A chi mi chiedeva se c’era bisogno di un altro marchio di camiceria nel mondo, ho sempre risposto che è quello che so fare, ma soprattutto è quello che voglio fare. Ero in un momento della mia vita in cui sentivo il bisogno di una svolta nella mia direzione. E l’ho fatto. Sono fiero di far parte della famiglia Levrè e di portare avanti, accanto a mio padre, il nostro prestigioso cognome.

 

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